giovedì 11 giugno 2009

Un referendum beffa

Da: Domenico Gallo

Le ragioni per dire No al referendum elettorale in 50 punti.

Prima parte: considerazioni sulla vigente legge elettorale


Siamo tutti scontenti della vigente legge elettorale, unanimemente denominata “porcellum” con la quale si è votato nelle ultime due tornate elettorali (2006 e 2008).

Due sono i principali aspetti negativi di questa legge: le liste bloccate ed il premio di maggioranza.

Questa legge, attraverso le liste bloccate, ha espropriato gli elettori di ogni residua possibilità di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento, conferendo a una ristrettissima oligarchia di persone (i capi dei partiti politici) il potere di determinare al 100% la composizione delle Assemblee legislative.

Con questo sistema elettorale i nomi dei candidati sono persino scomparsi dalla scheda elettorale, con la conseguenza che le scelte dei candidati operate dai capi dei partiti non possono in alcun modo essere censurate, sconfessate o corrette dal corpo elettorale.

Di conseguenza tutti i “rappresentanti del popolo” sono stati nominati, da oligarchie di partito, svincolate da ogni controllo popolare.

In questo modo gli eletti, più che rappresentanti del popolo, sono – anche in senso tecnico – dei delegati di partito, anzi del capo politico che li ha nominati, al quale sono legati da un vincolo di fedeltà estremo, restando così fortemente pregiudicato il principio sancito dall’art. 67 della Costituzione che prevede che “ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Il premio di maggioranza è un meccanismo truffaldino che interviene a manipolare la volontà espressa dagli elettori, trasformando – per legge – una minoranza in maggioranza.

Un sistema così fortemente distorsivo della volontà popolare non esisteva neppure nella c.d. “legge truffa” del 1953, che prevedeva che, per ottenere il premio di maggioranza, occorresse ottenere almeno la maggioranza dei voti popolari.

Con la legge truffa per conseguire il premio di maggioranza, che mirava a rendere più stabile il governo, occorreva godere del consenso della maggioranza degli elettori, la legge vigente, invece, trasforma una minoranza in maggioranza (attribuendogli per legge il 54% dei seggi alla Camera) e sancisce il principio che per governare non occorre il consenso della maggioranza degli elettori.

La vigente legge elettorale ha introdotto delle soglie di sbarramento per l’accesso alla Camera ed al Senato che, se appaiono ragionevoli per i partiti che si riuniscono in coalizione (2% alla Camera e 4% al Senato), sono del tutto irragionevoli per i partiti esclusi dalle coalizioni (4% alla Camera e 8% al Senato). In questo modo milioni di elettori vengono esclusi dalla possibilità di essere rappresentati in Parlamento.

Infine la vigente legge elettorale, con l’indicazione sulla scheda del candidato alla presidenza del Consiglio, introduce una sorta di investitura popolare del Capo politico, mortificando il ruolo del Presidente della Repubblica a cui la Costituzione assegna il compito di nominare il Presidente del Consiglio.

Seconda Parte: quali modifiche introduce il referendum, con quali conseguenze


Il referendum proposto non corregge nessuno dei difetti del “porcellum” ma, al contrario, li aggrava, esaltandone le conseguenze negative.

Il refendum non restituisce agli elettori il potere di scelta dei propri rappresentanti politici, che la legge vigente ha sequestrato per conferirlo nella mani dei partiti, conservando le liste bloccate.

Il referendum propone sostanzialmente due modifiche della vigente legge elettorale: a) attribuisce il premio di maggioranza alla lista, che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre liste concorrenti, abrogando la possibilità che il premio venga attribuito ad una coalizione di partiti; b) determina il raddoppio delle soglie di sbarramento confermando per tutti la soglia del 4% alla Camera dei Deputati e dell’8% al Senato (che la legge attuale impone soltanto ai partiti non coalizzati)

Le conseguenze che verrebbero fuori dalla legge elettorale modificata dal referendum sarebbero nefaste per la democrazia e ne sovvertirebbero il suo metodo basilare per il quale le decisioni si prendono a maggioranza.

La nuova disciplina elettorale sancirebbe il principio che il potere di governo spetta ad una minoranza e deve essere consegnato – per sempre – nelle mani di un solo partito, a prescindere dal livello del consenso popolare ricevuto

Infatti, attribuire il premio di maggioranza ad una sola lista determina un incremento esponenziale del premio stesso, sovvertendo il rapporto fra i voti espressi ed i seggi ottenuti.

Nelle elezioni del 2006, a fronte di una ampia coalizione di forze politiche, che ottenne alla Camera il 49,8 %, il premio di maggioranza è stato del 4 %. Nelle elezioni del 2008, a fronte di una coalizione meno ampia, che ottenne il 46,8%, il premio di maggioranza è stato dell’7%. Se si fosse votato nel 2008 con il sistema elettorale proposto dai referendari, la lista più votata (il PdL) con il 37,4% dei voti, avrebbe ottenuto il 54% dei seggi, cioè si sarebbe giovata di un premio di maggioranza del 16,6%. Vale a dire a un solo partito sarebbe stata attribuita dalla legge elettorale quasi il 50% in più della rappresentanza che gli sarebbe spettata in base ai voti ricevuti dagli elettori (cioè gli sarebbero spettati oltre 100 seggi in più rispetto ai voti ricevuti) .

Con questo sistema viene attribuito ad una singola lista un premio di maggioranza di proporzioni inusitate, che può consentire ad un singolo partito di ottenere in Parlamento una rappresentanza doppia rispetto al consenso ricevuto, a danno di tutti gli altri partiti e di tutti gli altri elettori.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 15/2008, pur dichiarando ammissibile il referendum elettorale, ha adombrato un pesante sospetto di incostituzionalità segnalando al Parlamento: “l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi.”

Attraverso questo spropositato premio di maggioranza resta pregiudicato il principio costituzionale che il voto è uguale per tutti. Non tutti i cittadini saranno uguali nel voto perché il voto di taluni varrà il doppio rispetto al voto degli altri, tanto da consentire a una minoranza di diventare ex lege maggioranza e di fondare il governo non più sul consenso della maggioranza, ma su quello di una minoranza del corpo elettorale.

L’ulteriore effetto negativo è quello della riduzione forzata del pluralismo politico dovuta all’effetto combinato dell’incremento del premio di maggioranza e delle soglie di sbarramento.

Il corpo elettorale, proprio per la presenza di un così grave e destabilizzante premio di maggioranza, sarà costretto ad orientare le sue scelte sulle due principali liste in competizione. Ciò indebolirà tutti gli altri partiti, rendendo ancora più difficile superare lo sbarramento delle soglie raddoppiate dalla disciplina risultante dal referendum.

In questo modo dal bipolarismo forzato si passerà a un bipartitismo forzato, non determinato da scelte genuine del corpo elettorale, ma imposto dalle costrizioni del sistema elettorale

Questa situazione mortificherà ulteriormente la rappresentanza, riducendo la possibilità che il corpo elettorale possa ottenere che nel sistema politico siano rappresentati i bisogni, le esigenze, le culture ed i valori presenti nel popolo italiano.

In questo modo verrà introdotta, di fatto, una sorta di democrazia dell’investitura al posto della democrazia fondata sulla rappresentanza e la partecipazione dei cittadini come prevista dalla Costituzione

La riduzione del pluralismo politico nelle assemblee legislative e la posizione di rendita assicurata a un solo partito politico, metterà a rischio la Costituzione, consegnandone il suo destino nelle mani di una sola parte politica

L’attuale maggioranza politica, infatti, non può modificare a suo piacimento la Costituzione perché non dispone della maggioranza dei due terzi richiesta per escludere il referendum sulle leggi di modifica della Costituzione

Se si fosse applicata alle elezioni del 2008 la legge elettorale con le modifiche proposte dai referendari, con lo stesso numero di voti, le forze politiche della attuale maggioranza (PDL + Lega) disporrebbero di circa il 62% dei seggi alla Camera. Con un piccolo sforzo potrebbero ottenere la maggioranza di due terzi necessaria per cambiare la Costituzione senza dover affrontare il giudizio del popolo italiano attraverso il referendum..

In questo modo si realizzerebbe una sorta di dittatura della minoranza, in quanto un solo partito, senza avere il consenso della maggioranza del popolo italiano, avrebbe nelle sue mani il controllo del Governo e la possibilità di eleggere – da solo – il Presidente della Repubblica, mentre una sola parte politica (cioè il partito beneficiato dal premio di maggioranza più i suoi alleati) avrebbe la possibilità di nominare i giudici della Corte Costituzionale e di modificare a suo piacimento la Costituzione.

Gli effetti che il referendum produrrebbe sul sistema politico sono stati già parzialmente sperimentati nelle elezioni politiche del 2008, quando i capi dei due principali partiti in competizione hanno deciso di restringere le coalizioni, limitandole ad una alleanza fra due soli partiti. In questo modo i partiti esclusi dalla possibilità di competere per il premio di maggioranza hanno perso una parte del loro genuino consenso elettorale e sono stati stroncati dal raddoppio delle soglie di sbarramento alla Camera ed al Senato.

In conseguenza di questa interpretazione delle legge elettorale sulla scia del modello proposto dal referendum, circa tre milioni di persone hanno perso ogni forma di rappresentanza in Parlamento, sono stati, pertanto, esclusi dal circuito della democrazia, mentre il tasso di astensionismo è cresciuto, essendo diminuita la partecipazione al voto dall’83,6% (2006) all’80,5% (2008).

Questa situazione di espulsione dal circuito democratico di milioni di persone, che abbiamo già sperimentato nelle elezioni del 2008, non sarebbe corretta dalle conseguenze del referendum, al contrario essa sarebbe ulteriormente aggravata perché le soglie di sbarramento raddoppiate varrebbero in ogni caso e per tutti i partiti.

Il sistema elettorale prefigurato dal referendum non esiste in nessun ordinamento di democrazia occidentale ma non rappresenta una novità assoluta nel nostro paese. Esso infatti si ispira alla legge “Acerbo” voluta da Mussolini, ed stato già sperimentato, nella storia d’Italia con le elezioni del 1924 che, schiacciando l’opposizione e le minoranze, aprirono la strada alla dittatura fascista.

Tuttavia la legge Acerbo era più democratica della disciplina che viene fuori dal referendum. Essa, infatti prevedeva che per accedere al premio di maggioranza, la lista più votata dovesse comunque superare la soglia del 25% dei voti e non imponeva soglie di sbarramento.

Per questo nel Parlamento del 1924 ebbero accesso – sia pure a ranghi ridotti - tutte le forze d’opposizione, mentre nel Parlamento repubblicano eletto nel 2008 con il metodo referendario, le opposizioni sono state drasticamente falcidiate.

Una situazione simile a quella del 1924 si produrrebbe di nuovo in Italia se venisse approvato il referendum.

Il principio democratico della rappresentanza verrebbe colpito a morte perché non vi è rappresentanza senza pluralismo e senza la libertà del corpo elettorale di scegliere le persone e le forze politiche da cui farsi rappresentare. Di conseguenza verrebbe meno il carattere democratico della forma di Governo.

Si produrrebbe quindi, attraverso la riforma elettorale, una riforma di fatto della Costituzione.

Il modello di democrazia, concepito dai padri costituenti, fondato sul pluralismo, sulla centralità del Parlamento e sulla partecipazione popolare dei cittadini associati in partiti, verrebbe definitivamente stravolto e sostituito da un ordinamento oligarchico.

Terza parte: come opporsi al referendum beffa


Per non tornare al 1924 bisogna respingere il referendum, utilizzando gli strumenti che la Costituzione ha messo a disposizione del corpo elettorale.

I Costituenti hanno previsto che i proponenti del referendum abrogativo devono superare una doppia soglia di consenso per poter raggiungere lo scopo dell’abrogazione della legge contestata. Per questo la Costituzione prevede che la proposta è approvata soltanto se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

A differenza che nelle elezioni politiche, che mirano al rinnovo di assemblee politiche le quali devono necessariamente essere rinnovate, nel referendum il voto non è un dovere civico, in quanto la proposta di abrogazione non deve necessariamente essere approvata o respinta. Nel referendum gli elettori scelgono liberamente se andare o non andare a votare, a seconda dei risultati che vogliono conseguire.

Questa volta la chiamata degli elettori alle urne per il referendum nasconde un inganno: essa sfrutta l’insoddisfazione generale che tutti noi nutriamo verso questa legge elettorale (il porcellum) per spingerci ad un voto che, qualunque sia il risultato, non può avere altro effetto che quello di rafforzare il porcellum.

Infatti, se prevalessero i no, l’effetto sarebbe quello di blindare l’attuale legge elettorale. Il referendum, anche se non crea un vincolo costituzionale, crea un vincolo politico, rendendo impossibile che la legge, confermata dalla consultazione popolare, possa essere modificata dal Parlamento.

Se prevalessero i si, ugualmente l’effetto sarebbe quello di blindare l’attuale legge elettorale, nella versione peggiorata proposta dai referendari. Il parlamento non potrebbe metterci mano per effettuare delle modifiche, perché vincolato dalla volontà popolare espressa attraverso il voto referendario

Per questo si tratta di un referendum beffa: ci chiama alle urne per ammazzare il porcellum, ma in realtà lo ingrassa e lo rende intoccabile, qualunque sia la risposta al quesito referendario.

L’unico modo per non essere beffati, per dire NO alla proposta referendaria, è quello di disubbidire alla chiamata alle urne che i proponenti vogliono imporre al popolo italiano.

E’ questa l’unica strada per lasciare aperta la possibilità di una riforma elettorale che restituisca agli elettori i poteri che ci sono stati confiscati con il porcellum.

Per questo diciamo No al referendum elettorale, non andando a votare e rifiutando le schede del referendum, se chiamati alle urne per il ballottaggio.

Comunicato Stampa referendum elettorale A CHI GIOVA? 12 giugno Pancho Pardi a Faenza e a Ravenna

Da: Paola Patuelli

Care amiche, cari amici,

il Direttivo della Associazione nazionale Salviamo la Costituzione, presieduta da Oscar Luigi Scalfaro, nella riunione di ieri, 9 maggio, a Roma, ha dato di nuovo mandato ai Comitati presenti nei vari territori di continuare l’opera di informazione sui quesiti del referendum elettorale del prossimo 21 giugno e sugli esiti peggiorativi rispetto alla Costituzione che avrebbe un eventuale successo del SI.



Segue il Comunicato appena inviato alla stampa che informa di una iniziativa dei Comitati in Difesa della Costituzione della provincia di Ravenna, che vi preghiamo di rilanciare a tutte le vostre mailing list.



I due incontri, a Faenza e a Ravenna, saranno per noi occasione di riflessione anche sul quadro politico-istituzionale italiano dopo le elezioni europee e amministrative.

Ritroviamoci in tante/i.

Saluti.

Angelo Morini
Paola Patuelli



COMUNICATO STAMPA


REFERENDUM ELETTORALE DEL 21 GIUGNO:

A CHI GIOVA?



Iniziativa pubblica con Pancho Pardi

a Faenza e a Ravenna




I Comitati in Difesa della Costituzione della Provincia di Ravenna continuano la mobilitazione per informare la cittadinanza sul significato del prossimo referendum elettorale del 21 giugno. E’ stato messo a punto un Quaderno Informativo, già in distribuzione e a disposizione di chi voglia informarsi presso la sede del Comitato di Ravenna, Via G. Rasponi 5, che illustra il significato del referendum, che non abroga il “porcellum”, legge pessima, ma lo modifica peggiorandolo. Se il referendum del prossimo 21 giugno vedesse la vittoria del SI, avremmo una legge peggiore della legge Acerbo che aprì la strada al fascismo e della “legge truffa” dei primi anni Cinquanta e, in tal caso, UN SOLO PARTITO, minoritario nel paese e maggioritario in Parlamento potrebbe modificare la Costituzione, anche stravolgendola, senza più il ricorso al referendum popolare.



I Comitati in Difesa della Costituzione, coerentemente con la vittoria referendaria del 2006 con cui fu salvata la Costituzione da una grave “aggressione” che impedì, in quel momento, una pericolosa deriva autoritaria, intendono dare alla cittadinanza le necessarie informazioni, e propongono una iniziativa dal tema Referendum sulla legge elettorale: a chi giova?, con la partecipazione del senatore Pancho Pardi dell’esecutivo nazionale dell’Associazione Salviamo la Costituzione, il prossimo 12 giugno, articolata in due distinti appuntamenti, per raggiungere il più ampio numero possibile di cittadine e di cittadini:



a Faenza, alle ore 17,30, nella Sala delle Associazioni, Via Laderchi 3, introduce Alessandro Messina presidente del Comitato di Faenza;



a Ravenna alle ore 21, nella sala Forum della Seconda Circoscrizione, Viale Berlinguer 11, introduce Maria Paola Patuelli, presidente del Comitato di Ravenna.



LA CITTADINANZA è INVITATA



Comitati in Difesa della Costituzione della provincia di Ravenna

8 giugno 2009

Il referendum e la Costituzione

Da: "comitatopromotore@salviamolacostituzione.it"

Documento approvato dal Consiglio direttivo dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” il 9 giugno 2009

Il Consiglio direttivo dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” conferma la valutazione fin dall’inizio espressa sul referendum elettorale del 21 giugno.
La vigente legge elettorale espropria gli elettori del diritto di scegliere i propri rappresentanti e affida alle segreterie dei partiti il potere di nominarli dall’alto ; rompe il rapporto tra gli eletti, il territorio e le comunità locali; riduce drasticamente il pluralismo politico e quindi la rappresentatività delle istituzioni; premia eccessivamente la lista o la coalizione più forte. Si tratta dunque di una legge che per molti versi contrasta con i principi e i valori di democrazia e libertà della nostra Costituzione repubblicana, come la Corte costituzionale ha rilevato nella motivazione della sentenza con la quale ha dichiarato l’ammissibilità del referendum.

La legge che uscirebbe da una eventuale vittoria del SI nel referendum del 21 giugno non eliminerebbe nessuno di questi difetti dell’attuale legge elettorale. Anzi, aumenterebbe le distorsioni in senso ultramaggioritario da essa prodotte, rendendo più agevole l’approvazione di riforme costituzionali di parte. Dunque non ne ridurrebbe, anzi ne aumenterebbe i vizi di costituzionalità, come pure la Corte Costituzionale ha sottolineato nella ricordata sentenza.

L’Associazione “Salviamo la Costituzione”, in coerenza con i principi e i valori di difesa e attuazione della Costituzione, che la portarono a promuovere il vittorioso referendum costituzionale del giugno 2006, continuerà fino al 21 giugno, tramite i propri circoli e associazioni in tutto il paese, a informare i cittadini sugli elementi di incostituzionalità della vigente legge elettorale e di quella che uscirebbe da un successo del referendum. Invita i cittadini a valutare queste informazioni nel decidere il proprio comportamento di fronte al referendum.

martedì 9 giugno 2009

Un forte impegno per il fallimento del Referendum Guzzetta

Da: Corrado Mauceri

Coordinamento dei Comitati locali per la difesa della Costituzione

Un forte impegno per il fallimento del Referendum Guzzetta e per la difesa della Costituzione


Essendo stato candidato a Firenze per le elezioni comunali nella lista di SINISTRA PER LA COSTITUZIONE ho ritenuto doveroso astenermi dal prendere iniziative per il Comitato di difesa della Costituzione; ora però conclusa la tornata elettorale ed essendo incombente un referendum liberticida che ripristina le leggi del periodo fascista penso che i Comitati per la difesa della Costituzione debbano mobilitarsi per fare fallire il referendum.

Purtroppo il PD, che pure è stato tra i soggetti promotori dei Comitati per la difesa della Costituzione, ha deciso di dare l’indicazione favorevole per il SI' a tale referendum.

Una tale scelta che viola il principio del pluralismo politico sancito nella nostra Costituzione è però incomprensibile e preoccupante; in ogni caso non può esimere da un forte impegno i Comitati per la difesa della Costituzione che devono, a mio avviso, mobilitarsi in ogni caso per la difesa e l’attuazione della Costituzione da qualsivoglia parte venga l’attacco e, tanto più, quando l’attacco viene da PdL e PD insieme.

Mentre sarebbe auspicabile un’autorevole presa di posizione da parte dell’Associazione nazionale "Salviamo la Costituzione", in ogni caso riterrei opportuno che i Comitati locali socializzassero le iniziative promosse sia per e-mail sia con opportune riunioni regionali.

Penso però che, dopo la consultazione referendaria, sarà opportuno incontrarsi perchè la Costituzione e con essa la democrazia è attaccata da ogni parte.

Io proporrei come data possibile uno dei primi giorni di luglio; per la sede ovviamente Firenze è disponibile, ma siamo a disposizione a spostarci anche in una meno calda (che sia però facilmente accessibile).

In attesa di un vostro riscontro vi saluto cordialmente.
p. il Coordinamento dei Comitati Locali per la difesa della Costituzione Corrado Mauceri